L’evoluzione tecnologica ha radicalmente trasformato le modalità di comunicazione, rendendo le applicazioni di messaggistica istantanea come WhatsApp strumenti di uso quotidiano (sia per motivi personali che per ragioni lavorative).
Tuttavia, l’uso di questi strumenti nel contesto giuridico pone numerose questioni sulla loro validità probatoria: come vengono prodotti questi messaggi WhatsApp in tribunale? È necessario che il testo della conversazione sia estratto e stampato o sono sufficienti dei semplici screenshot?
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ToggleLa recente ordinanza del Tribunale di Urbino del 7 giugno 2024 offre un’importante riflessione su come i messaggi WhatsApp possano essere utilizzati come prove in un processo.
Come produrre i messaggi WhatsApp in tribunale
Il Codice di Procedura Penale consente la produzione in tribunale non solo di documentazione “classica” quali fotografie, filmati o registrazioni audio che catturano eventi e persone, ma anche i contenuti di WhatsApp, che comprendono immagini, messaggi o registrazioni vocali, possono essere considerati una prova tangibile a testimonianza di fatti storici.
Nel contesto giudiziario, il telefono cellulare con i messaggi di WhatsApp, può essere presentato in varie forme
- consegna fisica dello smartphone dove si è svolta la conversazione. Questo supporto materiale costituisce una prova irrefutabile che può garantire l’autenticità assoluta della chat, sul quale potrà essere disposta una perizia al fine di accertarne il contenuto;
- testimonianza diretta della conversazione di WhatsApp, che coinvolge un individuo che ha esaminato il contenuto delle chat e è disposto a deporre sotto giuramento per rivelare quanto discusso nel corso della conversazione.
Lo screenshot vale come prova in tribunale?
In tribunale, questa “fotografia digitale”, sebbene abbia un valore legale, la sua validità può essere contestata anche se stampata su carta o conservata su una chiavetta USB.
Solamente se la controparte non alza obiezioni o se riconosce la veridicità dello screenshot, allora il giudice può accettarlo come una prova autentica.
L'Ordinanza del Tribunale di Urbino
Il 7 giugno 2024 il Tribunale di Urbino ha confermato la validità probatoria dei messaggi WhatsApp, ribadendo che questi possono essere utilizzati come prova in giudizio, purché siano soddisfatte determinate condizioni:
- autenticità dei messaggi WhatsApp: l’ordinanza ha sottolineato l’importanza della verifica dell’identità del mittente e del destinatario dei messaggi. Il tribunale ha ritenuto che la presenza di un numero di telefono associato all’account WhatsApp, insieme ad altri elementi di conferma, possa essere sufficiente per stabilire la paternità dei messaggi;
- integrità e conservazione dei messaggi: altro elemento cruciale per il quale il tribunale ha evidenziato come la conservazione dei messaggi in formato digitale deve garantire che questi non siano stati alterati. L’uso di strumenti di backup e di archiviazione che mantengano una traccia immutabile dei messaggi può essere considerato una buona pratica per assicurare l’integrità della prova.
Tipologia di messaggi WhatsApp producibili in tribunale
Tra le ipotesi più frequenti di utilizzo dei messaggi WhatsApp in giudizio rientrano sicuramente i rapporti lavorativi, ad esempio, in tema di licenziamento, la legge, nel prevedere che questo debba essere intimato per iscritto, non specificando quale mezzo debba essere usato, ma solamente che sussista la prova che la comunicazione sia arrivata al destinatario. Ecco che il recesso intimato a mezzo WhatsApp assolve l’onere della forma scritta e deve considerarsi uno strumento valido a tutti gli effetti.
Ancora, anche il riconoscimento di un debito via WhatsApp nei confronti del destinatario è ipotesi sovente di produzione in giudizio, equivalendo, tale messaggio, ad un riconoscimento del debito stesso ex art.634 c.p.c.
Ampio è poi l’utilizzo della piattaforma di messaggistica istantanea in tema di stalking e minacce, dove le azioni integranti le fattispecie eseguite tramite l’invio di foto e video a sfondo sessuale a più destinatari tramite WhatsApp costituiscono un’indebita intromissione nella sfera di libertà individuale della vittima e una grave violazione della sua privacy.
Conclusioni:
La digitalizzazione della comunicazione comporta nuove sfide e opportunità per il diritto probatorio. La recente pronuncia del Tribunale di Urbino contribuisce a delineare un quadro più chiaro e sicuro per l’utilizzo dei messaggi WhatsApp come prova in tribunale, ribadendo l’importanza di autenticità, integrità e conservazione degli stessi.
Ne consegue, che deve essere prestata particolare attenzione a quello che si scrive su WhatsApp, giacché le chat restando nella memoria dello Smartphone, possono costituire piena prova dinanzi al Giudice.
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